L'artrosi di ginocchio è una condizione debilitante che colpisce migliaia di persone ogni giorno, con dolore costante, pesantezza, gonfiore e limitazione della funzione. È una malattia degenerativa, cronica, e progressiva, che causa la lenta scomparsa dello strato di cartilagine che riveste le superfici articolari. Spesso colpisce le persone di mezza età e gli anziani, ma può colpire i pazienti più giovani, soprattutto quelli che hanno avuto interventi precedenti.
L’artrosi è una malattia molto diffusa che colpisce vari tipi di articolazioni del corpo umano. L’artrosi del ginocchio (gonartrosi) è forse la più comune, all’origine di forti dolori e di un’importante limitazione, la cui incidenza aumenta con l’aumentare dell’età, con un picco tra i 70 e i 79 anni. L’effetto principale di questa malattia è la degradazione della cartilagine, l’usura, associata ad una iperattività dell'osso sub condrale con produzione di osteofiti (porzioni nuove di osso nel vano tentativo di aumentare la superficie su cui si scaricano le forze articolari). Alla base di questa progressiva degenerazione vi sono dei fenomeni meccanici e biologici che alterano il delicato equilibrio tra la sintesi e la degradazione della cartilagine e dell'osso sub condrale, favorendone la degradazione. In questo processo è coinvolta anche la membrana sinoviale, che si attiva producendo delle molecole che stimolano le cellule cartilaginee e modificano direttamente la matrice extracellulare.
Quando insorge l’artrosi si prova dolore. Tuttavia la cartilagine non ha recettori del dolore, e questo si ritiene provenire dai recettori che si trovano a livello dell’osso sub condrale; per questo motivo, quando il paziente inizia ad avvertire dolore al ginocchio, l’artrosi è spesso già di un grado avanzato. Altre fonti di dolore nel ginocchio artrosico sono: l’infiammazione della membrana sinoviale, le lesioni meniscali, e i danni periostali.
L’incidenza dell’artrosi sui tre compartimenti del ginocchio è variabile: il compartimento femoro-rotuleo è interessato nell’88% dei casi; quello femoro-tibiale mediale nel 67% dei casi; il compartimento femoro-tibiale laterale viene coinvolto nel 16% dei casi. Inoltre, la gonartrosi può essere bilaterale nei due terzi dei casi.
Lo sviluppo della malattia è favorito sia da fattori meccanici locali che da fattori sistemici. Tra i fattori sistemici si riconoscono l’età, con il sesso (è maggiore nelle donne), e alcuni fattori genetici. Tra i fattori biomeccanici locali, invece, hanno importanza:
- le lesioni articolari, in particolare quelle dei legamenti crociati, le rotture meniscali
- lavorare in posizione accovacciata, e le professioni che comportano grossi carichi sulle ginocchia
- le attività sportive, aumentando il rischio di lesioni articolari a causa delle continue sollecitazioni e dell’uso ripetitivo dell’articolazione
- l’obesità, uno dei fattori più importanti per la comparsa e la progressione della malattia. L'obesità agisce sia attraverso i grossi carichi che gravano sul ginocchio, sia tramite anomalie metaboliche.
- le alterazioni dell’asse della gamba, che causano il sovraccarico di un comparto del ginocchio rispetto ad altri.
Le cause di gonartrosi vengono inquadrate in due insiemi: la forma idiopatica, primaria, in cui non si riconosce una causa scatenante specifica; le forme secondarie, in cui l'alterazione parte da un elemento chiaro come la non più naturale congruenza della superficie cartilaginea che può risultare da una frattura articolare.
L’accuratezza della diagnosi è basata sugli elementi che derivano dalla storia del paziente, dai test clinici, e dagli esami radiologici. Il dolore è il sintomo principale, ma la sua intensità spesso non è correlata con la gravità radiologica dell’artrosi. È avvertito di solito al comparto più colpito, ma spesso può irradiarsi a tutto il ginocchio, ed anche alla superficie anteriore della gamba. Il paziente può segnalare episodi acuti in cui la sintomatologia diventa più importante, e a questa può associarsi lassità legamentosa o versamento articolare. L’ispezione ricerca eventuali deviazioni assiali degli arti inferiori e deformità irriducibili. Può essere presente, posteriormente, una cisti poplitea (cisti di Baker). Il test della deambulazione dimostrerà la presenza di zoppia. Se c’è versamento, questo è apprezzabile con il ballottamento rotuleo. I movimenti sono dolorosi e/o limitati, il quadricipite sarà spesso di trofismo ridotto, e la stabilità legamentosa potrà essere alterata.
Tra gli esami radiologici, la radiografia è l’esame principale per la diagnosi della gonartrosi, che per essere completo deve comprendere: una proiezione antero-posteriore, una proiezione latero-laterale, una proiezione secondo Rosenberg, e una proiezione di entrambi gli arti inferiori che includa sia le teste femorali che le caviglie. Su queste si potranno osservare, e quantificare, la riduzione dello spazio articolare, l’addensamento dell’osso subcondrale, la presenza di osteofiti e di geodi (aree cavitarie di riassorbimento), e l’allineamento dell’arto inferiore. Le altre tecniche radiologiche (ecografia, risonanza magnetica, tomografia computerizzata) risultano, invece, inutili ai fini dello studio dell’artrosi, e parzialmente utili per la valutazione di condizioni patologiche associate. Pertanto, onde evitare inutili perdite di tempo, andrebbero richieste esclusivamente dopo la valutazione dello specialista ortopedico.
Il trattamento della gonartrosi si basa su di una combinazione di trattamenti farmacologici e non farmacologici, da personalizzare in base ai fattori di rischio presenti, al dolore e alla disabilità del paziente, il grado di infiammazione, e le caratteristiche osservate in radiografia. Le possibilità non farmacologiche includono l’educazione del paziente sulla malattia, l’esercizio fisico e la riabilitazione specifica, gli ausili per deambulare, e la riduzione del peso corporeo. A questi si possono associare una serie di farmaci. Il paracetamolo è il primo analgesico da usare. Le applicazioni locali di antinfiammatori sono utili e sicure nelle forme iniziali di artrosi; gli antinfiammatori per via orale, o iniettiva, sono indicati nei pazienti che non rispondono al paracetamolo. Gli analgesici oppiacei sono utili come alternativa qualora gli antinfiammatori risultino inefficaci o scarsamente tollerati. I condroprotettori (composizioni di glucosamina solfato, condroitin solfato, acido ialuronico, ed altri elementi nutritivi per la cartilagine) agiscono sulla struttura cartilaginea e hanno un’azione antinfiammatoria secondaria provata, sono abbastanza tollerati dai pazienti e non producono fastidi durante la digestione.
Un tipo di trattamento abbastanza conosciuto è la viscosupplementazione, eseguita attraverso iniezioni intrarticolari di acido ialuronico (le infiltrazioni). Questa è indicata in caso di fallimento del trattamento medico convenzionale, e l'efficacia è tanto maggiore quanto minore è il livello dell’artrosi. In alcuni casi le infiltrazioni possono essere di farmaci cortisonici (mischiati eventualmente a un anestetico), soprattutto nelle fasi acute con infiammazione e versamento.
Al fallimento delle possibilità farmacologiche e non, è opportuno prendere in considerazione l’intervento di sostituzione protesica, per il quale le superfici di femore, tibia, ed eventualmente rotula, verranno sostituire con delle componenti metalliche ad attrito estremamente ridotto. Se la protesi ricopre uno solo dei comparti del ginocchio, allora parleremo di protesi monocompartimentale. Se, invece, riveste due comparti del ginocchio significa che si sono utilizzate due protesi monocompartimentali. Quando, invece, rivestiremo tutto il ginocchio, parleremo di protesi totale di ginocchio. In base alle condizioni cliniche del ginocchio e dell’integrità legamentosa, la protesi totale del ginocchio può essere impiantata conservando entrambi i legamenti crociati (anteriore e posteriore), oppure il solo legamento crociato posteriore. Nei casi più complicati, invece, non sarà salvato nessuno dei due legamenti.